Nel
Vangelo che abbiamo appena ascoltato, Gesù sembra un missionario senza esito,
ma anche un profeta mal visto, quasi detestato, in mezzo al suo popolo,
specialmente agli occhi dei suoi compatrioti. Non siate sorpresi di questa
parola. Al termine della narrazione del Vangelo di oggi Gesù deve usare il suo
potere divino per sfuggire agli uomini che “si alzarono e lo cacciarono fuori
dalla città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita
la loro città, per gettarlo giù” (Lc 4,29). Anche in un’altra occasione,
l’evangelista Giovanni ci racconta che la gente raccolse delle “pietre per
gettarle contro di lui” dentro il tempio di Gerusalemme ma Gesù “si nascose e
uscì dal tempio” (Gv 8,59). E poi, alla fine della sua missione, è stato
condannato e crocifisso a causa del suo popolo. Il fatto che un profeta sia
rinnegato e ucciso dal suo stesso popolo sembra normale. Gesù stesso ha
confermato: “in verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua
patria” (Lc 4,24).
Comunque,
è sorpreso che mentre il popolo di Dio sembra rifiutare i profeti, i Gentili e
i pagani vengono accettati con fede forte. Questo significa che la salvezza non
è riservata soltanto ai figli di Israele perchè anche Dio apprezza i Gentili che talvolta sono più
vicini alla salvezza di quelli che affermano di essere credenti: questo è ciò
che emerge dalle due storie di Elia ed Eliseo.
La storia
di Elia si trova nel primo Libro dei Re (1 R 17): raffigura una vedova della
città di Sarepta, nel mezzo del paese pagano, la Fenicia; Elia le chiede
ospitalità in tempi di siccità e, nonostante la sua povertà, aiuta il profeta
straniero, nel quale riconosce un uomo di Dio. Per Elia era sufficiente fare
due miracoli per lei; infatti, prima la salva dalla carestia: ricordiamo la
famosa promessa di Elia, "del vaso di farina che non si esaurirà, il vaso
d'olio non sarà svuotato fino al giorno in cui il Signore darà la pioggia alla
terra”. Per quanto riguarda il secondo miracolo, fa riferimento alla guarigione
del suo unico figlio. Questo pagano fu in grado di dare il benvenuto a un
profeta straniero proprio quando era un emarginato e un reietto nel suo stesso
paese.
La
storia di Eliseo è nel Secondo libro dei re (2 Re 5): Naaman è un generale
siriano; sfortunatamente ha la lebbra; ha sentito parlare delle incredibili
guarigioni del profeta Eliseo e si reca a casa sua con abito pieno di doni e
raccomandazioni. Ma Eliseo lo deluderà un po';
solo quando accetterà di inchinarsi umilmente agli ordini del
profeta, che Naaman sarà guarito: “Vai!
Lavati sette volte nel Giordano”. Quindi si sottomette e scende nel Giordano:
un gesto molto semplice che a lui sembra derisorio, favorito del re di Damasco
... ma un gesto simbolico di umiltà e sottomissione al profeta del Dio di
Israele. Si sa quanto segue: è guarito, e naturalmente, si è convertito al Dio
di Israele.
"Venne a
casa sua e il suo popolo non lo ricevette. A quanti però lo hanno accolto ha
dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome” (Gv
1,11-12). Questa parola di San Giovanni descrive pienamente la vita, il destino
e la missione del profeta Gesù. Da una parte, la sua missione sembra non avere
successo. L’evidenza è che nel suo paese, ci sono così tante persone che non
vogliono accettare il suo messaggio, addirittura lo odiano e vogliono
ucciderlo. Dall’altra parte invece, il suo insegnamento e i suoi atti portano
molti buoni frutti. Ci sono tanti gentili e pagani che credono in lui.
Certamente, la missione del profeta Gesù non è solo curare i malati o dare pane
agli affamati. La cosa pìu importante nella sua missione è aumentare la fede
degli uomini in lui e in Dio affinché tutti abbiano il potere di diventare
figli suoi.
Come un
cristiano, un religioso, una religiosa, ognuno di noi è invitato a rafforzare e
aumentare la propria fede in Gesù, in ogni momento della nostra vita e sentire
la filiazione con Dio Padre. Come comunità cristiana e religiosa, siamo
chiamati a partecipare al carisma profetico del Cristo, il nostro Signore. È
comunità profetica nel concreto, in quanto si parla di amore gratuito ed
universale (come Paolo prospetta nella seconda lettura). È una novità assoluta
ed inaudita. È una denuncia concreta fatta con la vita e non con parole in una
società costruita sull’egoismo, sull’arrivismo, sul profitto, sulla negazione
pratica di Dio. Ma è insieme una profezia concreta di ciò a cui nel profondo
«aspira» ogni uomo e ogni comunità umana. Per questo dice che la speranza della
comunione non è un’illusione. Ma come a Geremia e a Cristo l’essere-contro per
amore fruttò sofferenze, persecuzione e morte, tale è anche la sorte della
comunità cristiana se è, secondo la sua vocazione, una comunità profetica che
porta la fede agli uomini per farne tutti figli di Dio ad ogni costo. Amen.
Joseph Thach Pham
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